Venezia stamattina si è svegliata al ritmo di ventimila passi. Non quelli dei turisti distratti, ma quelli concentrati, ritmati, quasi musicali, dei corridori della Venicemarathon 2025, partiti da Villa Pisani a Stra per attraversare il cuore della laguna, fino a tagliare il traguardo a Riva dei Sette Martiri.
Una sinfonia di resistenza e passione, come se in sottofondo, tra le calli e i canali, risuonasse la voce di David Gilmour che sussurra:
“Breathe, breathe in the air. Don’t be afraid to care.”
(Breathe, The Dark Side of the Moon, 1973)
Dalla Riviera del Brenta alla città che respira arte e fatica
Il percorso della Venicemarathon è un capolavoro di equilibrio tra sport e architettura, una sfida ingegneristica e logistica che ricorda da vicino la complessità di un grande evento musicale. Come nel concerto dei Pink Floyd del 1989 in Piazza San Marco, quando Venezia dovette reinventarsi per accogliere un’onda sonora planetaria, anche oggi la città ha orchestrato un evento che unisce precisione e poesia.
Chi organizza la maratona conosce bene la parola “studio”: ogni ponte, ogni deviazione, ogni canale richiede un progetto dedicato, calcoli millimetrici, permessi, sicurezza e rispetto per un patrimonio fragile e vivo.
Come i tecnici che, 36 anni fa, sospesero il palco dei Pink Floyd su una piattaforma galleggiante per non toccare la pietra antica della piazza, oggi gli ingegneri della Venicemarathon hanno costruito un ponte galleggiante temporaneo, fatto di barche, per permettere ai corridori di attraversare il Canal Grande. Un’opera effimera, poetica, quasi musicale.
“Run Like Hell”: quando la corsa diventa battaglia
Lungo la Riviera del Brenta, la maratona prende ritmo. Le ville palladiane scorrono accanto come spettatrici silenziose, il respiro si sincronizza ai passi. È il momento di “Run Like Hell” (The Wall, 1979):
“You better run all day and run all night.”
Non è solo una gara, ma un atto di resistenza.
A Mestre, il calore della folla si trasforma in carburante. Le voci dei tifosi risuonano come un assolo di chitarra. Al Parco San Giuliano, l’energia si trasforma in trance: “On the Run” (The Dark Side of the Moon) sembra descrivere il battito collettivo di migliaia di cuori.
Poi arriva il Ponte della Libertà, quel lungo rettilineo che separa la terraferma dall’isola. È il vero spartiacque della gara: per i primi, è il punto in cui si decide la vittoria; per gli altri, il momento in cui il corpo vacilla e la mente diventa protagonista. Alcuni lo attraversano con la furia di “One of These Days”, altri con la serenità meditativa di “Fearless”:
“And I’ll climb the hill in my own way.”
Venezia, i 14 ponti e l’acqua alta: quando la città mette alla prova anche i campioni
Entrare a Venezia è come varcare un sogno. Ma la bellezza è anche una prova. I 14 ponti da superare – costruiti appositamente o adattati per l’evento – diventano la montagna simbolica di ogni maratoneta. Il rumore dei passi sull’acqua, il legno umido delle passerelle, i riflessi del sole tra le onde: tutto ricorda che qui la corsa è un atto d’amore verso la città stessa.
Ed è proprio tra il 40° e il 41° chilometro, in Piazza San Marco, che il destino scrive la sua pagina più intensa: Zebenay Ashumar, l’etiope straordinaria, cade a causa dell’acqua alta. Il pubblico trattiene il fiato. Per un istante, sembra che il sogno si spezzi. Ma lei si rialza, come in Learning to Fly:
“A soul in tension that’s learning to fly, condition grounded but determined to try.”
Riparte, corre, vince. In 2 ore, 27 minuti e 31 secondi.
La doppietta etiope si completa con Robi Deribe, che domina tra gli uomini con 2h08’58”. Due anime africane che conquistano una città anfibia, sospesa tra acqua e cielo.
Una macchina perfetta: come un concerto dei Pink Floyd
Dietro la poesia c’è la precisione. Coordinare 20.000 corridori provenienti da 80 Paesi, garantire la sicurezza con 232 operatori tra Protezione Civile, Alpini, Guardia Costiera e volontari, chiudere il traffico e proteggere un ecosistema urbano fragile: tutto questo è un esercizio di logistica e sensibilità.
Come un grande concerto live, ogni errore tecnico può diventare una dissonanza. Ma oggi, a Venezia, la sinfonia è stata perfetta.
La città, come nel ’89, ha vibrato. Non di decibel, ma di battiti cardiaci sincronizzati. La musica non era nelle casse, ma nei polmoni e nei passi.
Il tempo, la corsa, la città
Alla fine, mentre gli ultimi arrivano al traguardo, sembra ti sentire i versi di Time risuonare tra le calli:
“And then one day you find ten years have got behind you.”
Ogni chilometro è un frammento di vita, ogni passo un atto di resistenza al tempo che scorre.
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Autore.
Mauro Teti
Scrivo di musica perché non potrei farne a meno. Sono responsabile pubbliche relazioni del Progetto musicale di Marco Frattini, “Fratta & Time Machine”. Collaboro con Auralcrave, Il Buscadero, Milano Free e ho collaborato con Musica 361. Formatore in ambito Excel avanzato e comunicazione digitale, esploro il mondo musicale con uno sguardo narrativo e culturale, tra storie nascoste, suoni d’autore e significati da (ri)scoprire. Finisher 5 edizioni Venicemarathon. 
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“La forza di ogni individuo sta nella propria testa e accanto alle persone cui vuole bene.”
(Frattini Marco, maratoneta – Vedere di corsa e sentirci ancora meno)
Photo credit: archivio web, ufficio stampa Venicemarathon
Official tag: #correreèrock #playlistmaratona #rockaandrollrun #venicemarathon #pinkfloyd




 
        
         
        
         
        
        