Cade quest’anno il centenario del definitivo assetto della città di Roma nei 22 Rioni che oggi conosciamo. I Rioni indicano la suddivisione in zone del centro storico di Roma.
Ognuno caratterizzato da una propria storia e dalle proprie tradizioni, il nuovo percorso della WeRun Rome si snoderà tra le vie più belle dei Rioni romani, attraversandone dieci.
Da qui l’idea di associare ognuna delle partenze ad un Rione (Monti, Trevi, Colonna, Campo dè Fiori, Celio ecc), così da dare una nuova vocazione dell’evento, incentrata sul senso di appartenenza, senza perdere lo spirito e i valori dello Sport.
Rione I – Monti
Rione Monti, orgogliosamente il primo rione di Roma, è un quartiere giovane e “hipster” che convive in armonia con l’antico. E’ il quartiere dei vicoli stretti, delle botteghe di artigiani, delle gallerie d’arte e delle vinerie. In epoca romana era un quartiere malfamato e frequentato soprattutto da assassini, ladri e prostitute. Qui vide la luce il grande Giulio Cesare: la parte alta del quartiere sembra fosse una zona molto esclusiva dove i ricchi patrizi amavano costruire le loro sontuose domus. Oggi è il luogo ideale per trascorrere pomeriggi rovistando tra negozi vintage, sfogliando vecchi libri, chiacchierando all’ora dell’aperitivo seduti sui gradini della fontana in Piazza della Madonna dei Monti.
Rione II – Trevi
Il cuore del Rione è anche uno dei simboli della città, la Fontana di Trevi, alimentata dall’Aqua Vergine, l’unico degli antichi acquedotti romani rimasto ancora in funzione.
Il Rione Trevi prende probabilmente nome dal trivio (in Latino chiamato trivium) di Piazza dei Crociferi, la piazza immediatamente a Nord Ovest della Fontana di Trevi. La storia medievale del Rione è legata alla famiglia Colonna e ai grandi personaggi che vi soggiornarono o operarono come Michelangelo Buonarroti.
Sapevi che la tipica espressione romanesca “a tozzi e bocconi” deriva dal fatto che il Palazzo Chigi a Rione Trevi, fosse stato costruito sulle rovine del magazzino delle sorelle Bocconi? Da lì a bocconi significa un po’ per volta, pian piano.
Rione III – Colonna
La denominazione del Rione si riferisce alla colonna di Marco Aurelio sita in Piazza Colonna. La zona, che si estende da Montecitorio fino a Piazza Barberini, ha avuto un momento di forte sviluppo nella Roma Imperiale, quando Augusto costruì in questa zona l’Ara Pacis (oggi trasferita presso il Mausoleo di Augusto) e la Meridiana di Montecitorio, e più tardi anche Marco Aurelio che scelse questa zona per erigere la colonna in suo onore.
Un altro simbolo del rione Colonna è una delle Chiese più antiche di Roma, San Lorenzo in Lucina, che sorge nel luogo in cui Lucina, matrona di Roma, ospitava in casa propria uno dei primi luoghi dove i cristiani potevano esercitare il culto, ai tempi in cui era vietato. Chi ama il Bernini vorrà sicuramente vedere una cappella che l’artista disegnò per una ricca famiglia.
Rione IV – Campo Marzio
Il punto focale del Rione è Piazza del Popolo, facendo riferimento ad un boschetto di pioppi (in latino populus) che un tempo si estendeva in quest’area.
Il simbolo araldico del rione Campo Marzio è una mezzaluna in campo azzurro, forse tratto dall’immagine marziale di un cimitero ornato da falce di luna. Infatti Tito Livio racconta che il “campo dei Tarquini consacrato a Marte fu destinato agli esercizi militari e ginnici fin dalla fondazione di Roma”. Durante il medioevo Campo Marzio cadde in rovina: le ville dei ricchi romani sul Pincio furono abbandonate, mentre gli edifici pubblici in pianura rimasero un tappeto di rovine. Alla fine del 500 il Rione iniziò a ripopolarsi e ad espandersi nuovamente, acquisendo un carattere signorile. La parte alta conserva ancora oggi un carattere bucolico: i giardini del Pincio, con oltre 200 busti di italiani famosi, da cui si gode di una delle viste più belle di Roma. La parte a valle invece, è oggi sede delle vie dello shopping, con migliaia di negozi, bar e ristoranti: il famoso Caffè Greco di Via dei Condotti frequentato da Leopardi, D’Annunzio e Schopenhauer.
In passato, fuori della porta di Piazza del Popolo, venivano sepolti in fosse comuni tutti coloro che non avevano diritto ad avere tombe in Chiesa: prostitute, banditi e non cristiani.
Rione V – Ponte
Il rione Ponte era, in origine, una distesa di paludi, come ricorda Ovidio nei “Fasti”, un luogo misterioso, sibillino e “gonfio di agguati”. L’economia della zona era quindi florida, grazie alla presenza di osterie e locande ma anche per il commercio di oggetti sacri. Tra le sue vie lastricate dove la povertà si sentiva, piano piano furono costruiti palazzi nobiliari e aperte botteghe di eccellenza, i cui nomi superarono i confini regionali e nazionali.
Tra strade famose, chiese da scoprire e palazzi storici offre un’incredibile varietà di scorci suggestivi. Non è un caso se, nel corso dei secoli, venne abitato da personaggi illustri. Basta citare Michelangelo, Raffaello, Benvenuto Cellini. E’ stato punto di incontro di potenti prelati, ricchi mercanti, politici e uomini d’affari, nonché di donne ambite e cortigiane famose. La sua memoria storica ed architettonica ben si interpreta anche solo passeggiando tra i suoi vicoletti, scrutando gli archetti medievali e i passaggi tortuosi. Tra gli angoli più caratteristici quello tra Via dei Portoghesi e Via dell’Orso, dove si trovava la Torre dei Frangipane sovrastante una casa quattrocentesca. C’è poi l’Albergo dell’Orso, esempio di antica strutture ricettiva, dove pernottavano i pellegrini diretti a San Pietro. Ci sono la chiesa di Santa Maria della Pace con gli affreschi di Raffaello e quella di San Giovanni dei Fiorentini con la cupola a confetto. Via dei Coronari è l’arteria principale del Rione Ponte: leggenda vuole che qui abbia vissuto Fiammetta, una ricca cortigiana passata alla storia per essere l’amante prediletta del terribile Cesare Borgia.
Rione VI – Parione
Questo Rione deve il suo nome ad un grande muro Romano, che i cittadini chiamarono Parietone, e quindi Parione, appartenuto forse allo Stadio di Domiziano, che era qui presente nel Medioevo ed oggi non è più visibile. Nell’Antica Roma questa zona faceva parte della IX Regione Agustea, il Circo Flaminio, e vi sorgevano importanti monumenti come lo Stadio e l’Odeon di Domiziano ed il Teatro e la Curia di Pompeo. Nel Medioevo il luogo era chiamato Parione e San Lorenzo in Damaso, dal nome dell’omonima Chiesa all’epoca molto importante. Il Rinascimento cambia letteralmente faccia al Rione, prima con la pavimentazione di Campo de’ Fiori, che diviene così luogo di grande importanza, ma soprattutto con Papa Sisto IV: è in questo periodo che il Rione ha un nuovo collegamento a Trastevere con il Ponte Sisto, così come sempre a partire da questo periodo vengono costruiti importanti palazzi, come il Palazzo della Cancelleria. Nel XVII Secolo Piazza Navona, che stava ormai diventando progressivamente il centro del Rione, viene abbellita dalle opere di Bernini e Borromini.
Rione VII – Regola
Il Rione Regola deve il suo nome alla Renula, ovvero la rena che il Tevere deposita durante le piene e che, prima della costruzione dei muraglioni, spesso veniva depositata in questa zona. Al tempo della Roma Antica questa zona faceva parte della Regione del Circo Flaminio e del Campo Marzio (da non confondere con l’attuale omonimo Rione, che coincide solamente con una parte di esso) ed era caratterizzata dalla presenza del Trigarium, ovvero uno Stadio in cui gli Aurighi si allenavano. Caratterizzato dalla vicinanza con il Tevere, il Rione vede sorgere al suo interno palazzi di ogni tipo. Nel Medioevo la zona era nota come Arenula et Chacabariorum, nome derivato appunto dalla Renula e dai Chacabariis, ovvero i calderari, che in quest’area avevano numerose botteghe e la propria Chiesa, Santa Maria dei Calderari, oggi conosciuta come Santa Maria del Pianto. Sempre nel Medioevo, il Rione dette con tutta probabilità i natali a Cola di Rienzo, come è oggi ricordato da una targa. All’inizio del XVI Secolo, Papa Giulio II Della Rovere rivoluzionò l’urbanistica del Rione con l’apertura di Via Giulia. Nei pressi di essa, nel 1516 Raffaello vi costruì la Chiesa di Sant’Eligio degli Orefici. Nel XVI Secolo in questo Rione Papa Paolo III Farnese decise di costruirvi il palazzo della propria famiglia. Dopo l’Unità d’Italia vede il suo volto cambiare in parte per la costruzione dei Lungotevere e della nuova Via Arenula.
Rione VIII – Sant’Eustachio
Il simbolo araldico del rione risale ad una leggenda cristiana. Placido, capitano delle milizie sotto Traiano, nell’andare a caccia sui monti della Mentorella sopra Tivoli, s’imbattè in un cervo che fra le ramose corna portava il volto del Redentore. Scosso dal miracolo, Placido si convertì e, battezzato, prese il nome di Eustachio. Qualche anno dopo, sotto il regno di Adriano, reo di essere cristiano e di non onorare gli dèi, fu esposto ai leoni insieme alla moglie ed ai figli ma gli animali, miracolosamente, non osarono toccarli, anzi, chinarono la testa e si allontanarono. Allora l’imperatore fece rinchiudere Eustachio e la famiglia in un toro di bronzo infuocato: morirono all’istante ma quando i cadaveri dei martiri furono estratti dall’orrendo strumento di morte erano intatti. La sua casa fu trasformata in luogo di culto ed originò più tardi la chiesa di S.Eustachio.
Rione IX – Pigna
Il rione di Roma più monumentale, in assoluto. Il rione Pigna prende il nome dalla monumentale scultura Romana che qui fu rinvenuta (probabilmente faceva parte del complesso del tempio di Iside in Campo Marzio), spostata quindi nel Medioevo al centro del quadriportico della Basilica di San Pietro e quindi, nel 1608, nel Cortile della Pigna in Vaticano. Fra il Pantheon e la chiesa del Gesù, tra quella di S. Maria sopra Minerva e quella di S. Ignazio, il rione Pigna raccoglie infatti una pletora di palazzi nobiliari e di chiese e monumenti insigni, tra i quali le abitazioni comuni, spesso anche queste di notevole interesse architettonico, appaiono come schiacciate. Le strade del rione assumono un aspetto di cunicolo e di forra, e a percorrerle si ha talvolta la sensazione di essere in mezzo a gole montane anguste e tortuose, con argini paurosamente a perpendicolo. L’itinerario nel Rione Pigna inizia da Piazza Venezia, dominata dalle forme monumentali dell’Altare della Patria o Vittoriano, al tempo stesso sacrario militare, scrigno delle gesta risorgimentali d’Italia e luogo panoramico da cui osservare Roma dall’alto. Dall’Altare della Patria in pochi passi si arriva al colle del Campidoglio ed alla piazza michelangiolesca su cui si affaccia il Comune di Roma ed i Musei Capitolini; salendo una ripida scalinata si accede alla Basilica di Santa Maria in Aracoeli, dove è custodita una statua del Bambinello assai venerata dai Romani per le sue virtù miracolose.
Il Pantheon è uno dei monumenti romani più celebri del Rione Pigna per stato di conservazione, grandiosità e sapienza costruttiva, oltre che per la singolare tipologia che contamina la cella rotonda a cupola di tipo termale con il tradizione pronao a timpano. Il tempio primitivo, di cui si conservano tracce a due metri sotto il piano del portico, fu costruito nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto, restaurato da Domiziano dopo l’incendio dell’80 e da Traiano.
Rione X – Campitelli
Leggenda narra che qui un drago che infestava il Foro Romano fu cacciato da papa Silvestro I. Non a caso nello stemma del Rione c’è la testa di un drago su sfondo bianco.
Il nome di Campitelli al rione sembra derivare dal campo di terra in cui era ridotta l’area del Foro oppure dalla corruzione di Campidoglio. In questo rione è compresa tutta la storia di Roma dalle capanne di Romolo al Foro Romano, dal Foro di Cesare alla casa di Augusto e ai ricordi di tutti gli imperatori fino a Costantino con il suo arco, quindi alle leggende dei Ss. Pietro e Paolo, alle chiese medievali, ai papi che abitarono sul Palatino, a Cola di Rienzo, a Petrarca e a Michelangelo, che sistemò il Campidoglio.
Campitelli è sicuramente il più turistico fra i rioni, ma anche il meno abitato, per la presenza dei siti archeologici che messi insieme coprono il 60% della superficie. Il cuore di Campitelli è sicuramente il Campidoglio, il più importante dei sette colli, anche se è il più piccolo. Fin dalle origini sul colle sorgeva il tempio di Giove, meta dei trionfi dei condottieri e principale centro religioso. La tradizione vi collocava anche un tesoro costituito da pepite d’oro e d’argento, frutto di antichissime donazioni ed ex-voto, che si sarebbe trovato sotto le fondamenta del tempio. Quando nel 1919 fu demolito palazzo Caffarelli che poggiava sul tempio, si utilizzò anche un rabdomante per ritrovare l’oro, ma nulla comparve tra le macerie. Resta dunque il dubbio che il Campidoglio nasconda ancora il suo tesoro.
Qui c’era l’autentica “Roma sparita”, quella degli acquerelli ottocenteschi di Roesler Franz, affastellata di case medioevali, pullulante di gente, botteghe, mercati e osterie. Molti scrivani pubblici, unica possibilità di comunicazione epistolare per i molti analfabeti, avevano eletto qui domicilio, come pure i barbieri, che radevano i clienti davanti al cannello d’acqua dell’orinatoio. Erano botteghe itineranti ed estemporanee, fatte di uno sgabello e qualche attrezzo di mestiere. Numerose le osterie: tra le più note, la locanda detta “der Bujaccaro”, che distribuiva a pochi centesimi un minestrone fumante ai contadini che affollavano la piazza per il “mercato delle opere”.
Rione XI – Sant’Angelo
S.Angelo è il più piccolo rione di Roma ed occupa una parte dell’antica “Regio IX” di Augusto sulla quale si elevavano monumenti solenni come il Teatro di Marcello, il Teatro di Balbo ed il Circo Flaminio. Su tutto, occupa una posizione monumentale il Ghetto, un documento sociale, religioso, umano, storico, un ritaglio della città esposto alla suggestione dei vicoli e dei sentimenti. Il popolo ebraico è presente a Roma dall’epoca di Pompeo, aumentò sotto Augusto fino a raggiungere il massimo della conquista sociale ai tempi di Poppea Sabina, moglie di Nerone ed ebrea. Il Ghetto romano costituì un unicum urbano, sovraffollato, degradato, apportatore di malattie e morte. Al suo interno inevitabile fu la differenza sociale: le famiglie ricche abitavano nelle case poste verso l’esterno, lontane cioè dal fiume, dove vivevano invece i poveri: questa era la zona che per prima veniva invasa dalle acque, e non soltanto durante le inondazioni eccezionali. Le abitazioni spesso rimanevano sommerse dalle acque fino al terzo piano e dopo era difficile risanare dalla melma e dall’umidità queste case degradate e spesso prive di sole.
In quest’area molte corporazioni artigiane, per via della forte presenza di manifattura, saranno ben radicate: oltre ai produttori di Calce, che operavano presso l’attuale Via delle Botteghe Oscure, ed i venditori di Pesce presso il Portico d’Ottavia, vi erano i Funari, che torcevano le corde presso la Chiesa di Santa Caterina dei Funari, i fabbri ed i calderari che avevano le proprie botteghe presso le arcate del Teatro di Marcello, ed i cardatori ed i cimatori che avevano bottega presso la Chiesa di San Valentino.
Negli anni ’20 del XX Secolo, il Regime Fascista, molto attivo nell’ambito delle demolizioni e del rinnovamento urbanistico, non tralascia il Rione Sant’Angelo: nel 1926, infatti, viene isolato il Teatro di Marcello, mentre nel 1940 è allargata Via delle Botteghe Oscure ed il Rione è anche lievemente ampliato rispetto ai confini stabiliti nel XVIII Secolo da Papa Benedetto XIV.
Fu in questo Rione, più precisamente nella zona del Ghetto, che nell’Ottobre 1943, durante l’occupazione Tedesca di Roma, le SS chiesero alla Comunità Ebraica Romana di farsi consegnare 50 Kg di oro. Ciò avvenne, ma non fu sufficiente, e perciò il 16 Ottobre 1943 ben 2091 Ebrei Romani vengono deportati dai Nazisti.
Oggi il Rione Sant’Angelo è una zona caratteristica, anche per via della presenza del Ghetto, in cui risiedono ancora moltissimi Ebrei. Sempre nel Rione, sono anche presenti la sede dell’Enciclopedia Italiana, della Discoteca Nazionale e del Centro di Studi Americani.
Rione XII – Ripa
Ripa prende il nome dall’antico porto commerciale che si trovava sulla riva del Tevere. Nel 1921, con la creazione dei nuovi rioni di San Saba e Testaccio, la sua area fu ridotta alla zona dell’Aventino, la fascia lungo la sponda sinistra del fiume e l’isola Tiberina. Nella zona circostante la chiesa di Sant’Omobono, gli scavi archeologici degli anni ’30 hanno riportato alla luce reperti del IX-VIII secolo a.C., che documentano la presenza di un insediamento di popolazioni greche nell’avvallamento tra il Campidoglio e il Palatino prima ancora della nascita di Roma.
Lo stemma del rione è una ruota di timone bianca in campo rosso e ciò perché sia chiaro il riferimento che Ripa sta per riva di fiume e cioè scalo fluviale, in ultima analisi, porto sul Tevere e più esattamente l’antico porto Tiberino sulla sponda sinistra e, anche se di altro rione, il maggior porto di Ripa Grande sulla sponda destra. Molte sono le zone ricche di storia del rione Ripa, quali il Velabro, il foro Boario, il Circo Massimo, l’Aventino o Grande Aventino e l’Isola Tiberina. Per questo molte sono le memorie archeologiche presenti nel rione come quelle delle età successive, sia medievali che moderne e le vie, spesso, mantengono la memoria di tante tradizioni antiche.
Il rione, nella sua passeggiata prospiciente il Circo Massimo, oppure a S. Maria in Cosmedin, ci ricorda l’allegra sequenza del film «Vacanze Romane» con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Grazie a questo film la Bocca della Verità, già tanto famosa, è stata conosciuta da tantissimi che, pur desiderando visitare Roma, magari non sono mai riusciti a venirvi. Ancora il Circo Massimo si è mostrato, ai nostri occhi, fantasticamente ricostruito e stipato di folla esultante, nel film «Ben Hur», nella ormai famosa sequenza della corsa delle bighe per la quale tutti abbiamo fatto il tifo nelle sale cinematografiche.
Rione XIII – Trastevere
Il tredicesimo rione di Roma è uno dei più grandi ed è quello che racchiude la vera essenza della romanità, che si tratti di cucina o di semplice vita quotidiana.
Case antiche, piazzette caratteristiche, ritrovi storici e sette ponti come uniche vie di accesso a quello che è considerato a tutti gli effetti il cuore pulsante della capitale. Il suo nome deriva dal latino “Trans Tiberim” (al di là del Tevere), denominazione di una delle regioni augustee. La zona di Trastevere, al tempo delle origini della Città Eterna, era una terra ostile, in quanto appartenente agli Etruschi, acerrimi nemici di Roma e dei Romani, che se ne impossessarono con la forza per controllare il fiume da entrambi i lati. Trastevere aveva un importante ruolo strategico ed era collegato alla città solo da un esile ponte: il Sublicio, almeno fino all’ epoca dell’imperatore Aureliano, che fece includere nelle mura anche questo lembo di terra posto sulla riva destra del Tevere. Grazie alla diffusa prosperità del periodo imperiale, personaggi illustri fecero costruire la loro residenza in Trastevere. Ne sono un esempio la domus di Clodia e quella di Gaio Giulio Cesare. Durante il Medioevo le strade, poco illuminate, strette, irregolari, risultavano difficilmente percorribili coi carri. Si dovrà attendere Papa Sisto IV per la pavimentazione con sampietrini. Nel 1744 Papa Benedetto XIV attuò l’ultima modifica della suddivisione dei rioni, conferendo a Trastevere i limiti che oggi conosciamo, mentre dopo il 1870 furono eretti possenti argini per scongiurare il pericolo di esondazioni del Tevere, operazioni, queste, che conferirono maggiore sicurezza alla zona.
La festa popolare in onore della “Madonna Fiumarola”, divenuta la “Festa de’ Noantri” si fa risalire ad una celebre battuta d’orgoglio trasteverino che sembra uno scioglilingua di Rugantino: ‘Che ne diressivo voantri si noantri quanno venissimo alle feste de’ voantri ce comportassimo come fate voantri alla festa de’ noantri?’.
Le strade del Rione si animano con rievocazioni storiche e spettacoli folcloristici come la parata dei pretoriani e legionari o scene della vita nell’antica Roma. Ma il cuore della festa popolare si svolge sul palco con spettacoli teatrali tradizionali, commedie romanesche, musica, stornelli, canzoni e poesie romanesche.
Rione XIV – Borgo
Borgo è l’unico rione il cui nome ha un’origine sassone, Burg, cioè un piccolo villaggio racchiuso entro una cinta muraria. Il motivo per cui fu scelto un nome non di origine latina si spiega con l’elevato numero di studenti sassoni che abitavano questo rione.
Un leone accucciato, la cui zampa anteriore destra è sollevata verso tre piccoli monti sormontati da una stella. Il leone è lo stemma di papa Sisto V, sotto il cui regno (1585-90) Borgo divenne rione di Roma. Riccamente visitato, come ricorda anche Dante nella Divina Commedia, durante il Giubileo del 1300, Borgo vide tuttavia una decadenza, come l’intera Città d’altronde, durante la Cattività Avignonese, per poi vedere una netta ripresa con il ripristino della Sede Papale a Roma. Il più importante edificio di Borgo è ovviamente Castel S.Angelo,, comprendendo anche lo stupendo ponte che diede il nome al Rione.
Castel S.Angelo e la basilica di S.Pietro, ora nello Stato Vaticano, hanno da sempre rappresentato le due anime di Borgo, quella temporale e quella spirituale: questo fu l’unico rione a ricevere in dotazione due fontanelle rionali, una ispirata al castello (la Fontana delle Palle di Cannone, e una ispirata alla sede pontificia, la Fontana delle Tiare, situata appena fuori il colonnato sul lato nord di piazza S. Pietro, che raffigura le insegne papali: il copricapo con la triplice corona e le chiavi di S.Pietro.
Rione XV – Esquilino
Il rione dalle molteplici identità. L’Esquilino non è soltanto il nome di questo rione ma è anche uno dei sette colli di Roma, insieme a Campidoglio, Viminale, Palatino, Aventino, Celio e Quirinale.
L’etimologia del nome Esquilino, il più alto dei sette colli, è incerta forse deriva dall’antico nome latino Esquilinus che molto probabilmente trae le origini dalla parola AEXCULI, gli arbusti di leccio, cari a Giove, che ricoprivano il colle; oppure da EXCUBIAE, le guardie che Romolo mandava in giro per difendersi dagli attacchi dei Sabini di Tito Tazio, ma probabilmente, “AEXQUILAE” era solo la definizione della fascia suburbana che traeva la sua origine etimologica dal verbo “ex-colere”, ovvero “abitare fuori” rispetto al nucleo centrale dell’urbe, sviluppato intorno al colle Palatino.
Si tratta di un quartiere dalla composizione sociale varia, principalmente di estrazione borghese, in gran parte di origine immigrata, a partire dai funzionari e dalla manodopera trasferitasi quando Roma divenne capitale nel 1871, agli immigrati stranieri di oggi. Una caratteristica dell’Esquilino è, infatti, il suo carattere multietnico e multiculturale. Nel quartiere sono ambientati numerose opere letterarie, la più nota delle quali è “Quer pasticciaccio brutto di Via Merulana” (1957) di Carlo Emilio Gadda, che mette in risalto un carattere da sempre tipico della zona: un’ambiguità e una divisione tra la un mondo nobile e un mondo malavitoso e degradato.
Rione XVI – Ludovisi
Il Rione Ludovisi è il XVI Rione di Roma e prende il nome dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV in quanto si sviluppò principalmente dalle sue proprietà.
Nell’antica Roma era una zona fuori della città, senza importanti edifici, ma cosparsa di tombe. Solo al termine della repubblica sorsero ville famose fra cui quella di Lucio Licinio Lucullo (Horti Luculliani) costruita dopo il 63 a.C. con una serie di terrazze e di rampe terminanti con un emiciclo porticato. Il Ludovisi è da considerarsi un rione di espansione al di fuori del vecchio nucleo storico, scaturito da convenzioni di grandi imprese legate a gruppi finanziari. L’esempio eloquente ne fu il nostro rione iniziato dalla Compagnia fondiaria e poi dalla Società generale immobiliare. Si congiunse piazza Barberini con porta Pinciana, creando via Veneto (poi, nel 1918, via Vittorio Veneto). Lo stemma del rione Ludovisi è rosso a tre bande d’oro ritirate nel capo e un dragone d’oro reciso in punta.
Rione XVII – Sallustiano
Il Rione Sallustiano sorge in quella zona che, all’epoca di Augusto, era occupata dagli Horti Sallustiani, una delle più magnifiche ville della Roma Antica.
All’interno di essi, sappiamo sorgevano il Tempio della Dea Fortuna, il Circo di Flora ed un ippodromo, dal quale, con tutta probabilità, proviene l’Obelisco Sallustiano, oggi situato in Piazza Trinità dei Monti. Durante il sacco di Roma ad opera dei Visigoti di Alarico nel 410, la zona subì notevoli devastazioni: la distruzione degli Horti Sallustiani e degli acquedotti.
L’area riprese lo sviluppo grossomodo nel 1500: venne aperta la Via Pia, l’attuale Via Venti Settembre, e vennero ripristinati da Sisto V gli antichi acquedotti, con il nome di Acqua Felice, e nel 1608 il Cardinale Scipione Borghese fece costruire la Chiesa di Santa Maria della Vittoria, dove, alcuni anni dopo, Bernini scolpì la sua celebre Estasi di Santa Teresa.
Rione XVIII – Castro Pretorio
Il nome deriva da Castra Praetoria, caserme dove risiedette la Guardia pretoriana in epoca romana. Lo stemma è il labaro della Guardia pretoriana in oro su sfondo rosso.
Nella suddivisione Augustea, l’area di questo rione era inclusa nella VI regione, Alta Semita, ed in parte minore nella VI, Esquilino. Il rione deve il suo nome ad una caserma. Questa si differisce da tutte le caserme esistenti, semplicemente per essere la più antica in assoluto. Il Castro Pretorio, la caserma del corpo speciale dei pretoriani, sfiora infatti i duemila anni e venne costruita nel 23 d.C. per volontà di Tiberio, il quale, come ricordato da Svetonio (in, 37), “a Roma fece costruire una caserma per i soldati delle coorti pretoriane, fino a quel momento senza una residenza fissa e disseminate presso vari alloggiamenti.”. Certo che col declinare dell’impero, il “castro” cessò di esse una caserma in senso stretto del termine, es infatti inglobato nel circuito delle mura di Aureliano, attorno al 272 d.C., senza pertanto tradire del tutto la sua vocazione militare.
Rione XIX – Celio
Il Celio non è soltanto il nome del rione ma è anche uno dei mitici sette colli di Roma: gli altri sono il Campidoglio, il Viminale, il Palatino, l’Aventino, l’Esquilino ed il Quirinale. Il nome più antico del Celio sarebbe stato “Mons Querquetulanus” (cioè “monte delle querce”), mentre soltanto in seguito si sarebbe imposto il nome attuale, dovuto tradizionalmente a “Caele” (“Caelius”) Vibenna, uno dei due fratelli di Vulci, con l’aiuto dei quali, secondo una tradizione etrusca, Servio Tullio, il sesto re di Roma, sarebbe riuscito ad occupare prima il Celio e poi Roma. È l’unico rione di Roma che, nel bene e nel male si è “salvato” dalla ricostruzione urbanistica della Controriforma commissionata a Bernini e Borromini dai Papi, e nella fattispecie sono tre chiese, la Basilica di San Clemente, la Chiesa di San Giovanni e Paolo al Celio e la Basilica dei Santi Quattro Coronati. Nel ‘500 la famiglia Mattei costruì, su questo Colle, la propria Villa, oggi nota come Villa Celimontana ed aperta al pubblico. Dopo l’Unità d’Italia, arrivò rapidamente l’urbanizzazione della zona, che ebbe come fulcro il nuovo Ospedale Militare, terminato nel 1891 ed ancora oggi in attività. Nel 1968 un piccolo complesso popolare situato nel Rione fu demolito, e sostituito, nel 2003, con un nuovo Parco.
Oggi il Celio è una tranquilla zona residenziale, che sa mantenere la propria quiete nonostante la vicinanza con importanti attrazioni turistiche come il Colosseo o San Giovanni in Laterano o zone di ampio scorrimento come Via dell’Amba Aradam e Via Labicana. Da alcuni anni a questa parte, nel Rione Celio, più precisamente nella parte di Via San Giovanni in Laterano più vicina al Colosseo, sono sorti diversi locali gay che hanno fatto sì che quel breve tratto di strada sia detto, da molti, gay street.
Rione XX – Testaccio
E’ uno dei quartieri più vivi e caratteristici di Roma, capace di reinventarsi nei secoli passando da zona portuale a luogo prediletto per il tempo libero.
Passeggiando per le vie del Testaccio è inoltre possibile ammirare numerose testimonianze architettoniche risalenti a diverse epoche storiche. Il Rione Testaccio è considerato uno dei quartieri più caratteristici della Capitale. Un vero e proprio museo all’aria aperta capace di condurre i visitatori in un viaggio attraverso tutte le diverse epoche, partendo dalle testimonianze dell’Emporium di Roma fino ad arrivare ai palazzi fascisti ed agli edifici di stampo industriale. Ma la sua fama non risiede solo in questo: oggi è infatti un luogo simbolo della movida romana, ricco di trattorie tipiche e frequentatissimo dai giovani per i numerosi locali notturni. Sorto alle falde del colle Aventino, in epoca romana ospitava uno dei più importanti porti dell’Urbe, dove imponenti mezzi navali scaricavano merci di ogni tipo. Nei secoli i cocci delle anfore che servivano a contenere grano e alimenti liquidi durante il trasporto si accumularono a montagnola; da qui il nome di “Monte Testaccio” o “Monte dei cocci”, e la scelta appunto dell’anfora come simbolo del rione. Fino alla bonifica e alla riorganizzazione urbana iniziata dopo il 1870, che destinò questo territorio ad attività industriali e di servizi quali ferrovie, mattatoio, mercati generali e fabbrica del gas, la zona, anche se dentro le mura, era popolata da contadini poveri e pastori, soggetta alle alluvioni del Tevere e infestata dalla malaria. Il rione, in quanto entità amministrativa, è di istituzione discretamente recente; fu infatti scorporato nel 1921 dal vasto e poco popolato quartiere Ripa, anche se c’è da dire che il Testaccio aveva una sua identità da sempre e godeva di non buonissima fama, legata appunto ai traffici del porto ed alla sua gente. Dal 1960 inizia la dismissione delle grandi aree industriali, a partire dal sostanziale abbandono dello scalo fluviale. Nel 1980 questi storici insediamenti lasciati al degrado cominciano ad essere interessati da una radicale riconversione nella destinazione d’uso: l’Università degli Studi Roma Tre si installa al posto di una parte dei Mercati generali, la centrale Montemartini viene trasformata in area museale, nel vecchio Mattatoio viene aperta una sezione del MACRO, e così via. La tipicità del quartiere ha ispirato negli anni artisti, poeti e registi, che ne hanno fatto location privilegiate di film e romanzi come: “Sciuscià” di Vittorio De Sica; “Ragazzi di vita” e “Accattone” di Pierpaolo Pasolini, “Il Gobbo” di Lizzani; diversi film del regista turco Ferzan Ozpetek, che nel rione oltre a lavorare ci vive.
Rione XXI – San Saba
Il Rione San Saba e situato sul così detto “Piccolo Aventino”, e all’epoca di Roma Antica in questa zona sorse il grande complesso delle Terme di Caracalla. Nel Medioevo, invece, nacque, inizialmente su iniziativa di alcuni Eremiti, poi sostituiti da alcuni Monaci Orientali, il Monastero di San Saba, da cui il Rione prende il nome. Il Rione rimase non urbanizzato fino all’inizio del Novecento, quando il Sindaco Ernesto Nathan, a capo di una coalizione di Repubblicani, Socialisti e Radicali, fece realizzare un quartiere di edilizia Popolare suddiviso in lotti, creando quindi un piccolo “paese” in questa zona intorno alla nuova Piazza Bernini. Oggi il Rione, appartato dal traffico, ha subito un parziale processo di gentrification e, complice la suggestiva posizione, è considerato un luogo esclusivo. Il cuore principale di questo rione è a Piazza Bernini con il suo giardino. Un area verde con alberi di pregio come la magnolia e il cedro, attrezzata con fontanelle per bambini e per i cani. Sempre per i più piccoli c’è un area giochi installata nel recinto della chiesa, dove potrete portare i bambini per una passeggiata quotidiana, e grazie al mercato mattutino potrete effettuare la spesa di salumi, verdure, salumi e formaggi.
Rione XXII – Prati
Prati è uno dei quartieri umbertini di Roma più affascinanti; è stato così già dalla sua nascita subito dopo la presa di Roma.
Il Rione Prati è l’unico dei 22 Rioni di Roma a sorgere al di fuori della cinta muraria. La zona, fino all’Unità d’Italia, non era mai stata urbanizzata: nell’Antica Roma sappiamo che faceva parte della proprietà di Domizia, moglie di Domiziano (erano infatti detti Horti Domitii), e più tardi presero il nome di Prata Neronis. Dal Medioevo in poi, si susseguirono molti nomi per questa zona: Prata Sancti Petri, Pianella di Prati, Prati di Castello o Pianella d’Oltretevere, tutti nomi che ci lasciano intendere come la zona fosse adibita prevalentemente a pascoli o coltivazioni. Erano pochi i Casali qui presenti, ma tra le poche costruzioni merita menzione la non più esistente Villa Altoviti, situata più o meno presso l’attuale Via Vittoria Colonna.
Dopo l’Unità d’Italia e le nuove necessità abitative di Roma, ha inizio la pianificazione e l’urbanizzazione del Rione Prati di Castello, che ha inizio nel 1883 con l’approvazione del PRG, anche se già il piano regolatore del 1873 prevedeva nuove costruzioni in quest’area.
Grande promotore della realizzazione di questo Rione fu Monsignor De Merode, il quale, nonostante le delusioni politiche dovute alla presa di Roma da parte dell’esercito Sabaudo, non aveva mai messo fine al suo sogno di rinnovamento urbanistico di Roma: tuttavia, la morte, che lo colse nel 1874, non gli permise di vedere che gli albori del suo disegno, tra cui la costruzione, da lui fortemente voluta, di un ponte di ferro provvisorio, dismesso con la cost