Luca Naso stava correndo il suo progetto da 8300km “Correre ai confini” ma è stato bloccato dal primo lockdown.
“Voglio sentire l’affetto della gente, vedere l’Italia da un’altra prospettiva e vivere la corsa senza tempo”
All’inizio del 2020 il 39enne siciliano Luca Naso, Astrofisico e Data Scientist, aveva intrapreso un viaggio di corsa lungo l’Italia. Il progetto, denominato “Correre ai confini” è stato poi abbandonato a causa del sopraggiungere della pandemia da COVID19, quindi dopo soli 70 giorni dal suo inizio. Abbiamo intervistato Luca per chiedergli cosa lo ha spinto a “Correre ai confini”, il backstage organizzativo e se ha intenzione di recuperare questo progetto, naturalmente quando sarà possibile ripartire in sicurezza sanitaria.
Dicci qualcosa di te e come è nata la tua passione per la corsa?
“Sono siciliano e ho studiato Astrofisica. Dopo il Dottorato a Trieste ho vissuto in molti paesi, tra cui la Cina, dove poi ho definitivamente chiuso la mia carriera accademica per tornare in Sicilia e dedicarmi ad altre attività. Mio padre è sempre stato uno sportivo a tutto tondo ed è proprio accompagnandolo nella preparazione della sua prima maratona dieci anni fa, quando lui aveva 60 anni, che ho iniziato ad apprezzare la corsa come sport. Tuttavia, non sono mai stato appassionato di competizioni o di ultradistanze e nemmeno di cronometri, nonostante io ami moltissimo la tecnologia, anche per deformazione professionale. Ho corso la mia prima maratona del 2012 a Pechino, dove lavoravo come Ricercatore, ma io amo la corsa in quanto tale e, ad esempio, nel 2018 ho corso oltre 3.500 km senza mai partecipare ad una gara.”
Cosa rappresenta per te la corsa?
“Per me correre ha un significato profondo che affonda le sue radici nel ritorno alle origini dell’essere umano. Per l’uomo primitivo la corsa aveva davvero una dimensione “umana”, non c’erano record da battere e distanze senza scopo da coprire. Io vivo la corsa senza fretta, senza stress perché voglio che sia un’occasione per sentirmi più umano, nel senso più primitivo del termine. Correre è anche una occasione per vivere il sentimento di fratellanza, si condividono emozioni positive e negative e un viaggiatore di corsa suscita sempre un interesse in chi lo osservi. Della corsa accetto anche che possa regalarmi emozioni negative o di non aver voglia di correre, non sarebbe naturale essere sempre pronti a scattare.”
A proposito di scattare, quando è scattata la molla che ha fatto nascere “Correre ai confini?”
“Stavo correndo e si è accesa una lampadina, una come tante ma questa è rimasta accesa. Correre ai confini prevede che io corra 30 km al giorno divisi in due tranche per sei giorni a settimana per circa un anno. L’idea è poter calpestare il perimetro di tutta l’Italia percorrendo all’incirca 8.300 km. Ho costruito il percorso in direzione antioraria in modo che il momento di forza risultante fosse positivo (una convenzione in Meccanica, una branca della Fisica) e mentre lo disegnavo mi sono accorto che avrei escluso l’Umbria se non avessi fatto una deviazione inclusiva, cosa che non potevo non tenere in considerazione essendo l’Umbria il cuore dell’Italia. Così il 1 gennaio 2020 sono partito da Catania con mia moglie al seguito in bici fino a Messina, con un bagaglio di emozioni miste tra paura ed entusiasmo e tanta voglia di vedere com’è fatta l’Italia da questa prospettiva”.
Chi ti ha supportato?
“Per natura sono molto preciso e scrupoloso ma non mi ero veramente preparato per questa avventura. Ho avuto il sostegno di tantissime persone, tra queste cito naturalmente mia moglie, che mi ha raggiunto quando e dove poteva nei weekend, Marco Cataldo, un Project Manager nella vita ed un preziosissimo membro del team in quanto mi ha spianato la strada in tutto quello che riguardava la logistica, e di Francesco Cazzaniga, un mio amico che si è innamorato del progetto forse più di me! Francesco ha curato il networking e ha ottenuto il patrocinio della CRI e la partnership di Runner’s World Italia. Indispensabili anche le figure del Nutrizionista, la Psicologa e tutti i Fisioterapisti, Osteopati, Massaggiatori e Riflessologi che mi hanno accolto nei loro studi di tappa in tappa. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza tutto il team e l’entusiasmo delle Società Sportive che non mi hanno (quasi) mai lasciato correre da solo e mi hanno accolto con grande festa, sdoganando il mio timore di restare solo.”
Volevi emulare qualcuno?
“Assolutamente no, anzi, per evitare che questo potesse accadere ho controllato minuziosamente che nessuno avesse mai corso lungo il perimetro dell’Italia. Avevo voglia di assaporare l’Italia con calma, anche di pensare a dove avrei voluto poi portare mia moglie in un viaggio di piacere. Avevo anche voglia di trasmettere il messaggio che la corsa è un modo per sentirsi liberi e che offre possibilità infinite. Avevo voglia di circondarmi dell’affetto del popolo italiano, del popolo dei podisti e, magari, di ispirare qualcuno ad unirsi, anche se solo per dei tratti”.
Poi si diffonde il COVID19, dov’eri e cosa hai fatto?
“Ero a Vasto Marina, in Abruzzo, al 70° giorno e con alle spalle 1.400 km di corsa. Non ero in buona forma fisica, mi ero appena ripreso dal mal di schiena che mi aveva fatto arrancare un po’ per cui ero ancora più dispiaciuto di non poter proseguire. Per ironia della sorte, tornando in Sicilia non mi è stato possibile correre, in osservanza dei decreti vigenti in quel periodo. Improvvisamente sono passato da una condizione di grandissima socialità alla solitudine (eccetto mia moglie, naturalmente) dei confini di casa mia, proprio io che avevo in mente confini estesi 8.300 km! Ho ripreso a correre a fine aprile circa e nel frattempo ho lavorato molto alla pianificazione del futuro”.
Quindi c’è un futuro per “Correre ai confini”?
“Certo che sì. All’inizio della quarantena mi ha persino fatto piacere avere calma e tempo per riflettere. La mia mente ha vissuto un turbinio di emozioni, i ricordi dell’affetto di quanti sono venuti a salutarmi o mi hanno fatto compagnia sulla strada, gli inviti a pranzo…e che pranzi, sembrava fosse domenica dalla nonna! Ma quel misto di nostalgia e malinconia mi stava quasi “soffocando” e allora mi sono dato da fare per ripartire, appena sarà possibile. Riprenderò il mio viaggio da Vasto Marina, devo arrivare al confine Nord entro maggio perché la neve sulle Alpi non perdona. Quindi spero sia possibile mettermi in marcia entro fine marzo”.
Cosa cambierai rispetto alla prima esperienza adesso che hai il senno di poi?
“Ci sto lavorando ancora…”
Qualche rammarico?
“Alla partenza avevo salutato gli amici dicendo loro che ci saremmo visti il 31 dicembre in piazza a Catania. Sognavo una festa grande che, naturalmente, non potrà avvenire anche in osservanza del distanziamento. Mi piacerebbe correre una maratona il 31 dicembre, da solo o con tutti quanti vorranno unirsi virtualmente anche solo per qualche km. Penso che lancerò questo ‘evento’ a breve”.
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