Dopo la cancellazione delle principali maratone dell’anno e con la resa di Chicago l’industria
della maratona multimilionaria è sull’orlo del precipizio
Non è certamente un buon momento per la maratona, anche la Chicago Marathon, un’altra gara della serie World Marathon Majors prevista per il 2020, è stata annullata a causa della pandemia di coronavirus. Con circa 46.000 atleti al traguardo, la Chicago Marathon è stata la terza maratona più partecipata al mondo, davanti solo New York e Parigi.
Le maratone di Roma, New York, Berlino, Boston e tante altre ancora sono state annullate mentre resistono la maratona di Londra e di Parigi, rinviate dalla primavera all’autunno. Tra queste, Parigi, che con 48.000 finisher è la più grande maratona europea, è stata ora rinviata per la seconda volta. Nonostante la forte volontà degli organizzatori della maratona di Amburgo, rinviata inizialmente dal 19 aprile al 13 settembre, anche questa è stata cancellata pur avendo presentato un programma di prevenzione della diffusione della pandemia. A livello internazionale, alcuni organizzatori di importanti gare hanno ancora speranze: Amsterdam, Istanbul, Parigi, Londra e Atene, che ha annunciato l’apertura delle iscrizioni di recente, sono tra questi, anche se probabilmente nella metropoli britannica si svolgerà solo una battaglia tra corridori di élite, come già è accaduto a Tokyo.
Tutto questo apre ad uno scenario catastrofico, se si pensa che centinaia di migliaia di corridori amatoriali non possono gareggiare, un danno che si ripercuote anche sugli atleti d’élite, le cui prestazioni, non più messe sotto pressione dalla competizione, potrebbero ridursi drasticamente. Ne risente, ovviamente, tutto il mercato, senza sponsor e aziende di supporto non ci sono entrate per nessuno, neppure per tutte le Charity che si nutrono della beneficenza dei partecipanti alle gare.
Altro capitolo doloroso è quello degli atleti africani, molti dei quali dipendono quasi quotidianamente da premi in denaro e ingaggi di partecipazione. Domenica dopo domenica. Attualmente, solo i migliori atleti hanno un contratto magari di tipo annuale e possono vivere di introiti legati alle pubblicità, per tutti gli altri, e sono centinaia, non sembra esserci una via d’uscita, al punto che Eliud Kipchoge, ad esempio, ha distribuito beni di prima necessità per permettere loro di continuare ad allenarsi a stomaco pieno.
Ma proprio dall’Africa arriva, ancora una volta, una lezione di vita a tutto il mondo occidentale, cioè l’accettazione delle difficoltà della vita a cui sono abituati da sempre e che permette loro di non arrendersi facilmente.