di Cesare Monetti
Da domani si riparte, si potrà finalmente correre in tutta Italia senza avere più l’ansia dei 200 metri, della prossimità, della vicinanza o di chissà quale limite. Poche e semplici le restrizioni: allenamento individuale, avere pronta una mascherina da tirare su bocca e naso nel caso incontrassimo qualcuno e non fare assembramenti di nessun tipo. In pratica, correre in solitaria, andare in luoghi non affollati, in orari ‘non di punta’. In ogni regione c’è più o meno questa situazione ed è bene che ognuno verifichi le ordinanze della propria regione o del proprio Comune. In Lombardia ci vuole la mascherina o altro dispositivo similare, in Campania si può correre solo dalle 6 alle 8.30, nel Lazio si potrà solo da mercoledì e vai anche a capire il perché.
Non sempre sarà facile attuare tutto questo, ci sono tante zone in Italia che hanno una densità di popolazione veramente importante, Milano città e hinterland, la zona nel napoletano sono le prime che mi vengono in mente, ma siamo in 61milioni in uno spazio fisico non troppo grande e con gran parte di esso occupato, e dunque inutilizzabile, da montagne quali Alpi e tutta la dorsale dell’Appennino. Ergo: non ci rimane molto spazio per distanziarci. A tutto questo sommiamo la poca cultura sportiva dei nostri politici che in questi decenni non hanno costruito ciclabili o zone per fare attività libera all’aria aperta. CI hanno lasciato spesso le strade pericolose e trafficate, costringendoci ad allenarci su marciapiedi o nei paesi.
Adesso è arrivato il tempo che le stesse istituzioni che ci governano, anche quelle meno importati e più locali, si mettono comunque a comandare sulle nostre vite e soprattutto non si assumono alcuna responsabilità in merito ai problemi di questo coronavirus. E quindi piuttosto che gestire, controllare, dare idee, chiudono, serrano, vietano e bloccano.
E’ il caso in Lombardia, mentre a Milano il Sindaco Giuseppe Sala si allinea al decreto nazionale governativo riaprendo i parchi cittadini dichiarando: “Noi riapriamo, se con la riapertura dovessimo vedere elementi di rischio li richiuderemo, ma è giusto ora riaprire. A Milano abbiamo 25 milioni di metri quadrati di verde tra pubblico e privato, che vuol dire 18 metri quadrati di verde ciascuno. Li riapriamo e cerchiamo di vigilare che non ci siano assembramenti e che vengano utilizzati in modo corretto. Sarebbe irrealistico promettere una vera vigilanza e che tutto sia assolutamente nel rispetto delle regole. Quindi mi appello al vostro buonsenso e alla buona volontà dei cittadini”.
Lo stop invece arriva dalle vie fluviali che dal giorno 4 NON riapriranno. “Alla vigilia dell’avvio della cosiddetta fase 2 nella lotta al Covid-19, a fronte di alcune prime riaperture disposte del Governo, il Consorzio, preso atto della situazione epidemiologica non ancora stabilizzata, conferma l’interdizione al traffico ciclopedonale di alzaie e banchine gestite direttamente ovvero non conferite in concessione a terzi, come da ordinanza in vigore per tutta la rete».
Questo pochi giorni fa il messaggio del presidente dell’Etv Villoresi Alessandro Folli, al vertice del consorzio di gestione della fitta rete di canali d’acqua che parte dalla diga del Panperduto di Somma Lombardo fino a raggiungere Milano e mezza Lombardia.
Tanti sono i runner e i ciclisti che frequentano questi canali, chilometri di pace tra la natura dove pedalare o correre in sicurezza, lontano dal traffico e dall’inquinamento. Bene, anzi male, questo divieto li costringerà ad attendere ancora e ad affollare altre zone, altri parchi, andando così a non sfruttare tutto lo spazio a disposizione. Quindi restano chiuse anche dopo il 4 maggio le alzaie del Canale Villoresi, Via d’Acqua Nord, Naviglio Grande, Naviglio Bereguardo, Naviglio di Pavia, Naviglio Martesana, Naviglio di Paderno.
«Da parte dell’Ente – prosegue il Presidente Folli – si è infatti valutato come al momento non sussistano ancora tutti i presupposti di sicurezza funzionali alla revoca della misura assunta poco dopo la metà dello scorso mese, considerati altresì la natura e le caratteristiche di questi passaggi che, necessari all’accesso del personale e dei mezzi del Consorzio per la gestione dei canali, non consentono sempre il rispetto del divieto di assembramento e, spesso, neppure il mantenimento della distanza di sicurezza tra individui”.
“Temiamo che le nostre alzaie – dice sempre il presidente del Consorzio Villoresi – possano diventare luoghi privilegiati per affluenze fuori controllo o addirittura per pericolosi assembramenti, evenienza che vogliamo a tutti costi evitare nell’interesse pubblico. Siamo i primi ad auspicare un ritorno alla frequentazione delle alzaie, a fronte anche di tutti gli interventi migliorativi attuati negli ultimi anni in molti tratti del reticolo di nostra competenza, ma questo dovrà avvenire esclusivamente in sicurezza. Una leggerezza da parte nostra in tal senso, oltre a mettere in pericolo la salute di tutti, non farebbe altro che vanificare i sacrifici fatti sinora, in modo esemplare, da tutti i cittadini. Ciò non significa che le alzaie saranno chiuse a Milano, perché in quei tratti le alzaie sono concesse in uso ad altri gestori, in particolare al Comune di Milano”.