Oggi l’atleta 29enne Edoardo Melloni, balzato agli onori della cronaca qualche settimana fa si è sfogato in merito all’ultima normativa ministeriale in merito alla limitazione per lo sport.
Melloni, ingegnere chimico, nel mese di marzo si era ammalato di Covid 19 ed è stato ricorverato all’ospedale Sacco di Milano per diversi giorni. Sportivamente non è uno qualunque, tesserato per il Cus Propatria MIlano, è arrivato 7° a fine febbraio ai Campionati Italiani Assoluti di Ancona, sarebbe dovuto andare in Kenya per un periodo di altura prima di partecipare agli italiani di cross del 15 marzo poi annullati.
Edoardo è anche il figlio della nota giornalista Rai Tiziana Ferrario.
Questo il suo post odierno. Lui che ha vissuto in prima persona il coronavirus si schiera contro una delle normative di questi giorni che vietano lo sport:
“Tra i quattro punti del più recente DPCM del 1 aprile 2020 ne è stato scritto uno dedicato esclusivamente agli atleti (sottolineo, uno su quattro).
Il Consiglio dei Ministri si è preoccupato che venisse preclusa la pratica sportiva presso gli impianti da parte degli atleti professionisti e non.
Fermo restando che ognuno debba fare la propria parte durante una crisi come quella che stiamo vivendo, continuo ad avere dubbi in merito ad un approccio comunicativo che cerca in maniera sempre più insistente di creare un nemico che non esiste: lo sportivo.
Si pensi anche ad uno dei manifesti di Cagliari che recita “Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa”. Tra le altre cose, il motivo per il quale sia stato scritto “alla corsa” e non “allo sport” in maniera più generica mi è ancora oscuro.
Tornando al DPCM 01/04/2020, mi chiedo quante persone siano coinvolte dal punto 2. Quanti atleti, professionisti e non, erano ancora in grado o avevano ancora la motivazione per svolgere le proprie sedute di allenamento, considerata anche la cancellazione dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020? Quanti erano gli impianti sportivi ancora aperti sul territorio nazionale? Uno dei quattro punti del DPCM è stato scritto esclusivamente per fermare l’ultima manciata di atleti superstiti che ancora si allenavano? E quanto efficace sarà questa misura ai fini del contenimento dell’epidemia in un territorio che conta più di 60 milioni di persone?
Allo scopo di limitare l’epidemia, non sarebbe forse stata più efficace l’introduzione di una misura che limitasse le uscite settimanali verso supermercati o tabaccherie in funzione dell’iniziale del proprio cognome, come fatto per il ritiro delle pensioni presso gli uffici postali?
Mi sorge il dubbio che le misure introdotte dal DPCM (e quelle NON introdotte) stiano iniziando una pericolosa ricerca del punto ottimale tra “consenso della popolazione” ed “effettiva efficacia della misura”.