Gentile Direttore,
vorrei porre una domanda: chi ha dato degli untori ai runners?
E’ una domanda semplice. Chi?
Perché vede, nessuno, che io sappia, ha additato i runners come veicolatori intenzionali del contagio. Nessuno.
Le accuse che vengono mosse alla categoria sono ben altre, e mi permetto di enumerarle.
1) Superficialità ed egoismo. Sarà sicuramente al corrente del fatto che il 23 febbraio si è corsa, in spregio a una delibera del Governatore della Lombardia, la Sei Ore con L’Abbraccio ad Arluno, in provincia di Milano, e nell’ondata di indignazione che ne è seguita, abbiamo assistito a reazioni violente commenti agghiaccianti del tipo: “tanto muoiono solo i vecchi”. Nelle settimane successive, mentre tutti dicevano di stare ALMENO ad un metro di distanza, migliaia di runners hanno continuato a farsi i selfie di gruppo, gli allenamenti collettivi, e ancora prima, mentre il conto dei morti iniziava a salire vertiginosamente, preoccuparsi esclusivamente dell’annullamento delle gare, polemizzando all’infinito sui rimborsi.
2) Cavillosità. Vero, il decreto fin dalle prime ore permetteva la possibilità di fare attività fisica all’aperto, e questa affermazione drammaticamente generica ha permesso che le grandi città fossero affollate come niente fosse da migliaia di persone in tenuta sportiva. Ancora ieri un runner milanese ha postato in rete il suo allenamento da 50 km (!) sui navigli, scrivendo, testualmente: AVEVO VOGLIA DI CORRERE. Credo sia inutile ricordarle che in una città come Roma, che conta duecentomila podisti abituali, se solo il 10% facesse questo ragionamento, avremmo ventimila persone in strada. Ed è esattamente quello che è successo, costringendo il governo a strette sempre maggiori. Si metta nei panni di chi, affacciato al balcone, con i figli chiusi come leoni in gabbia, preoccupato per i propri cari, per il proprio lavoro, il proprio futuro e non da ultimo di evitare le occasioni di contagio, assiste a questo scempio, per settimane, che contraddice apertamente tutte le raccomandazioni che vengono fatte quotidianamente da governo, amministratori e grande stampa.
3) Disonestà materiale e intellettuale. Ogni qualvolta sono stati mostrati i comportamenti irresponsabili dei runners, lungi dal riflettere e chiedere scusa, facendo un passo indietro, questi hanno fatto quadrato, puntando il dito su altri. E allora i tabaccai (io non fumo, ma le marche da bollo vado a comprarle lì)? E allora quelli che vanno a fare la spesa? Addirittura una delegata Fidal ha osato affermare, pubblicamente, che se lei non può correre è giusto che chi ha un cane gli faccia fare i bisogni in casa e poi pulisca. Per non parlare del delirio a cui assistiamo quotidianamente nel sentire affermare che praticamente tutti i SEI MILIONI di runners italiani hanno intorno casa centinaia di ettari di prati, boschi, e strade deserte intorno casa, quindi sono nel giusto. Però hanno smesso di postare sui social, ponendo impostazioni sulla privacy su strava o garmin talmente complicate che nemmeno un fisico quantistico potrebbe decifrarle.
4) Violenza verbale e materiale. La notizia del runner martellatore (successivamente rivelatasi falsa) è stata ripresa da Lei e da altre testate, senza uno straccio di critica o di presa di distanza. Runners deliranti l’hanno condivisa ovunque, plaudendo al gesto in maniera esplicita, con il sempiterno FATTI I CAZZI TUOI di stampo mafioso. La notizia che un uomo sia caduto dalla scala facendosi molto male li ha fatti gongolare ancora di più, nei vari gruppi dedicati al running ho letto commenti del tipo: spero che muoia, spero che occupi un posto in terapia intensiva sottraendolo ad un moralizzatore, ecc… Coloro che come me hanno stigmatizzato certi atteggiamenti sono stati minacciati praticamente di tutto, dalla morte alla tortura, al danneggiamento di auto e proprietà, per non parlare delle solite minacce legali o delle aggressioni verbali e delle accuse prive di fondamento. A migliaia, tutti i giorni.
5) Vittimismo e malattia dei social. Mi dica, cosa c’entra con lo sport o con il benessere psicofisico correre per cento km sul balcone di casa? O girando in tondo in un giardino di pochi metri quadrati fino a raggiungere la distanza della maratona? E’ evidente che viene fatto per apparire, non potendo mostrare più le medaglie, ci si improvvisa nelle imprese più strampalate. Ma non è allenamento, non c’entra nulla con lo stare in forma. Non più di quanto ubriacarmi da solo ci possa azzeccare qualcosa col bere qualche birra in compagnia dei miei amici. Inutile dire che tutto questo edonismo e individualismo stride pesantemente se accostato a chi nelle stesse ore si sta impegnando seriamente per alleggerire anziani soli e disabili da situazioni di ordinaria follia. A sentire loro, i runners, sono incapaci di pensare ad altro che a se stessi e al proprio corpo, al tono muscolare e alla pancia piatta.
6) L’appiattimento della grande stampa sportiva su posizioni oltranziste. Mentre la popolazione era disperatamente alla ricerca di MASCHERINE, mentre i medici andavano a morire senza le stesse, avete intervistato gente che parlava di ENDORFINE e di sistema immunitario fortificato dalla corsa. E li avete scelti col lanternino, avete accuratamente selezionato a chi dare voce, perché nel frattempo è venuta fuori la tesi più odiosa, quella vittimistica, quella che ci sarebbe qualcuno che vi addita come untori, che vi odia per qualche non ben precisato motivo, magari per invidia o per chissà quale oscuro complotto, accompagnata dalla sordida bugia che quelli che vediamo correre tutti i giorni sono degli improvvisati, non sono dei VERI runners. Mai una volta un dubbio, nessuno che si sia chiesto il perché di questo disastro, nessuno che sia stato in grado di fare una critica seria e costruttiva, con il giusto discernimento. Mai. Addirittura la Fidal, dopo settimane di silenzio in cui avrebbe potuto precisare, dare direttive, distinguere, incanalare coscienze, ricompare per riprendere queste affermazioni deliranti.
Credo sinceramente che Lei e quelli come Lei abbiano il DOVERE di fare corretta informazione, di schierarsi, ma non per una fazione, quanto piuttosto dalla parte della verità, e interrogare la categoria seriamente sulle cause di questo disastro antropologico. Perché vede, gli slogan funzionano bene, ma durano poco. E quando tutto questo sarà finito, se non si inverte immediatamente questa tendenza collettiva, il mondo podistico sarà certamente peggiore, più meschino, più odioso, più edonista ed individualista.
La cosa più gustosa è che gli organizzatori, i più danneggiati economicamente, si sono guardati bene dal fomentare questa polemica. E così la maggior parte degli atleti di livello. Restano gli amatori, le mezze tacche, e coloro che di corsa non campano, ma arrotondano.
Concludo facendo un paragone con gli altri sport: non ho visto nuotatori, rugbisti, ciclisti, pugili, schermidori ecc…. scadere in alcuno degli atteggiamenti enumerati.
E la gente vede le stesse cose che vedo io. Proviamo a domandarci il perché, se non altro per fare una cosa nuova. Mentre la gente continua a morire.
Con delusione e rabbia,
Un ex runner