di Cesare Monetti
I runner non sono mai piaciuti a chi non lo è. Specialmente quelli che partecipano a manifestazioni organizzate come maratone o chissà quante altre distanze, imponendo la chiusura delle strade alla domenica mattina, quando ‘la gente normale’ vuole solo parcheggiare in centro per incontrare gli amici all’ora dell’aperitivo.
Più che mai in quest’epoca il concetto di runner ha un valore tossico, al runner è stato appioppato il marchio di untore di coronavirus, di menefreghista del dolore che affligge la società che sta contando morti come fossimo in guerra, di individuo insensibile di fronte alle bare, di malato di protagonismo che corre sul balcone o che si nasconde come un topo nella notte per correre.
Finita così? No, ancora definito spesso un analfabeta poco volenteroso che non ha voglia di leggere un libro, un tizio che corre per dare sfogo alle frustrazioni, che non ha una famiglia e non ha un lavoro e tanto tanto tanto altro ancora.
Si potrebbe facilmente ribattere, abbassando il livello della conversazione, che anche chi cucina lasagne, decine di torte e pizze non è poi così sensibile al dolore di quanto stiamo vivendo nel nostro Paese. Ancora si potrebbe sostenere che andare a correre equivale allo stesso sfogo delle frustrazioni che altri scaricano facendo shopping, aperitivi, leggendo, scrivendo o chissà cos’altro ancora;
REGOLE E BENESSERE – Si potrebbe anche dire e ricordare che la stragrande maggioranza dei runner ha rispettato le regole, forse qualcuno non l’ha fatto, ma le mele marce ci sono in tutti i settori, i runner non fanno eccezione ma non sono certo al primo posto per comportamenti “illegali”, anzi lo sport gli ha insegnato che le regole si rispettano, eccome. E poi i runner, come tutti gli sportivi, sono individui estremamente in salute, portatori sani di benessere, pochissimi fumano, di sicuro sono milioni gli euro risparmiati grazie a loro ogni anno dal Servizio Sanitario Nazionale.
INDOTTO ECONOMICO – Ancora, a favore del “running” che blocca le strade la domenica mattina c’è la veritiera situazione dell’indotto economico. Sì, perchè piaccia o no la corsa è un mondo attorno al quale gira una macchina produttiva che dà lavoro a tanti, che porta ogni anno in Italia decine di milioni di euro di giro d’affari turistico-sportivo tra hotel, musei, ristoranti e tanto altro. Spegnere e ridicolizzare questo movimento significa lasciare a casa tantissimi operatori del settore, oltre che spezzare il circolo di una passione innocente e sana. Le esagerazioni, le malattie di protagonismo e di social network ci sono ovunque, ma non per questo è di base una categoria malata e facinorosa, nossignori, questo no.
MASCHERINE – Detto questo, l’industria del running produce anche del bene tangibile. Pochi giorni fa la notizia che un gruppo di società podistiche toscane, coordinate da Ivano Leoni dell’associazione Sport & Solidarietà (all’iniziativa hanno aderito anche l’Atletica La Rocca, il Podismo il Ponte, il Gruppo Podistico Casa Culturale, Rico Running, i Podisti Pontaegolesi Asd, i Fratres San Miniato Basso, Gruppo Podistico Sala 78 e la Polisportiva Omega), si sia impegnato a reperire 1.500 mascherine da consegnare al personale di Rsa Del Campana-Guazzesi, Casa Verde e alle associazioni di Protezione Civile Vab e Croce Rossa. Una goccia nel mare visti i consumi attuali, ma un bene prezioso per il quale le associazioni si sono impegnate e meritano un giusto plauso.
SOLIDARIETA’ E BENEFICENZA – Il mondo del running, specialmente delle grandi manifestazioni, è legato a doppia vite con la solidarietà. Tanti eventi trasferiscono parte del ricavato a diverse organizzazioni no profit,
Il modello è straordinariamente efficace in manifestazioni come London Marathon che, in questo modo, sono tra le prime fonti di approvvigionamento fondi per moltissime organizzazioni No-Profit.
Esistono tantissime manifestazioni podistiche di tutte le entità che perseguono il fine di raccogliere contributi (ma anche sensibilizzare a gravi problemi sociali come ad esempio contro la violenza sulle donne, o ancora per l’abbattimento di barriere sociali, culturali, etniche, per lo studio di patologie ad oggi incurabili, per il sostegno dei più deboli e tanto altro ancora. L’esempio più virtuoso in Italia sembra essere la staffetta associata alla Maratona di Milano. Grazie al Milano Marathon Charity Program, una organizzazione ben consolidata, è possibile reperire quasi 3 milioni e mezzo di euro attraverso il coinvolgimento di runner e aziende su Rete del Dono, la piattaforma di crowdfunding e personal fundraising partner dell’evento. Acea Run Rome The Marathon, la maratona di Roma che si doveva correre domenica 29 marzo si apprestava a fare in egual misura con il nuovo progetto charity legato alle staffetta.
Il meccanismo si basa sull’acquisto dei pettorali per un team da parte del team stesso o attraverso la auto-promozione e l’apertura di una pagina di personal fundraising su Rete del Dono, una colletta online. In questo modo si allarga a macchia d’olio la rete dei potenziali donatori e questo permette di acquistare il pettorale ad un prezzo di gran lunga superiore a quello reale, diventando così una donazione cospicua.
Sono centinaia le gare in Italia e all’estero, grandi o piccole, che grazie alla generosità dei podisti possono devolvere migliaia e migliaia di euro in beneficenza. Purtroppo il Covid 19 ha spazzato via tutto questo per qualche mese, ma senz’altro i runner torneranno a correre liberamente e a donare. Con la felicità nel cuore, nel silenzio e senza che quasi nessuno se ne accorga o ne dia notizia perchè sarà così, se fai una cosa bella nessuno se ne accorge. Ma i runner lo sanno bene, per correre forte inutile sprecar fiato.