CAGLIARI – Terrorismo mediatico. Non c’è altra definizione. Quello che genera paura, timore, incertezza. Quello che provoca rabbia, sconcerto, delusione, infelicità, abbattimento morale e fisico. E, quel che è più grave, che non porta sicuramente a risultati concreti.
Questo è il frutto della campagna d’affissione, da parte del Comune, avvenuta nelle ultime ore nella splendida Cagliari che si ritrova blindata a causa del Coronavirus come tutto il resto d’Italia. Cagliari e i cagliaritani non meritano una simile campagna d’odio tra le strade deserte della città, se il messaggio da passare era ‘state tutti di più a casa’, la scioccante scelta di queste frasi esposte è stata senz’altro la più sbagliata. Per tanti motivi.
In primis perché ancora una volta vengono tirati in ballo i runner, facendo perdurare l’errato pensiero di molti che la corsa e le persone che corrono siano gli untori e i grandi responsabili di questa pandemia. Infondere paura e la caccia all’uomo è insensato. Chissà cosa accadrà magari al Poetto quando avremo il via libera per correre, chissà se qualcuno verrà pericolosamente aggredito. Poi, cosa centra una madre anziana in ospedale con il figlio che magari ha corso? Perché fare questo legame TU SEI MALATO PERCHE’ IO SONO ANDATO A CORRERE?
In seconda battuta, allargando il discorso e vedendo gli altri due mega cartelloni, si parla di andare a fare una passeggiata e di andare a fare la spesa. Come detto e stradetto da molti ed in particolare dall’ente supremo in questione, ovvero dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, una piccola e breve passeggiata sotto casa è oltre ad un diritto di libertà anche una sacrosanta possibilità da attuare come presidio medico per poter tenere elevate le proprie difese immunitarie.
Per quanto riguarda la spesa, i metodi per evitare che le persone vadano due se non tre volte al giorno al supermercato possono essere ben altri. Ma elevare i toni, portare a messaggi isterici e in un certo senso cattivi, è controproducente in un momento molto delicato e destabilizzante per tante persone.
Non tutti infatti sono così forti mentalmente da reggere a questo clima di secessione, infatti si stanno moltiplicando suicidi e senza dubbio purtroppo sicuramente dovremo conteggiarne altri. Persone deboli soprattutto mentalmente ce n’è tante purtroppo.
Inoltre, i dati epidemiologici evidenziano come in Sardegna circa il 60% dei contagiati sia costituito da operatori della sanità, conseguentemente è implicito che il messaggio del Sindaco possa risultare fuorviante rispetto a reali criticità, come la carenza di dispositivi di protezione individuali o protocolli di prevenzione nelle aree sanitarie evidentemente poco efficaci…
L’“invito all’azione”, che chi si occupa di comunicazione cerca come bersaglio efficace, in questo caso si traduce nella criminalizzazione del cittadino cagliaritano che non merita la gogna … le foto sui social media dell’unione sarda su una Cagliari deserta parlano chiaro…
Il compito di una Istituzione seria in questo momento è innanzitutto dare normative chiare, semplici e serie, cosa che non sta avvenendo perché capire se in questo momento in Sardegna e a Cagliari si può andare a fare attività motoria vicino a casa, a 200 metri da casa, dentro casa, non è così scontato, non è chiaro per nulla.
Altro compito Istituzionale a mio avviso è dare invece coraggio, fiducia, presenza concreta. Siamo come Italia la nazione che sta insegnando tanto nel mondo, siamo il modello da seguire, l’ha detto Trump e l’ha detto Boris Johnson. Cagliari e il suo sindaco avrebbero potuto fare la differenza magari scrivendo un messaggio del tipo: SEGUIAMO LE REGOLE, L’ITALIA E CAGLIARI CE LA FARANNO. CORAGGIO!
I cagliaritani meritano tanto di più, ma ora meritano soprattutto le scuse.