di Cesare Monetti
E’ come un leone in gabbia il runner al tempo del coronavirus. Si agita ed è nervoso sui social, litiga per un niente, non c’è da biasimarlo: gli manca l’ossigeno, la sua ora d’aria, la libertà, il vento nei capelli, i polmoni che gli scoppiano e le gambe zeppe di acido lattico che diventano di legno dopo qualche ripetuta.
In pratica gli manca la fatica.
E poi c’è quella norma lì, sì quella del decreto governativo non la digerisce proprio, è consentita l’attività fisica, basta che sia individuale non di gruppo e che si rispetti il sacrosanto metro di distanza tra le persone. Questa è una gran fortuna, un semaforo verde verso il benessere e la libertà, la passione può essere sfogata come e quanto si vuole pur rimanendo nei termini della legge. Proprio ora che poi è a casa dal lavoro, ha più tempo e potrebbe fare tutto con comodo. Ma niente, il runner deve soffrire, sempre in lotta con sé stesso e con gli altri: vado o non vado? E se andassero tutti sai che casino, altro che assembramenti!
La risposta che si potrebbe anche dare al ‘se lo facessero tutti’ è che se davvero da oggi tutta Italia si muovesse un’ora al giorno almeno per fare una moderata attività fisica avremmo un’Italia migliore. Più sana. Più forte. Più lucida. Che avrebbe bisogno di meno ospedali e meno medici, che fumerebbe molto meno e che si ammalerebbe in misura più contenuta. Sarebbe una gran fortuna. Sarebbe una gran benedizione. Ma così non è, a parte qualche caso, chi ama il divano lo ama senza tregua.
Il runner dopo che ha litigato sui social va a correre di nascosto oppure sta rintanato in casa costantemente attaccato ai social e con le ‘stories’ su instagram fa vedere che ci si può allenare senza problemi: chi sul balcone, chi su e giù per le scale (e se incontro il vicino che scende come faccio?) e chi, la maggior parte, che fa potenziamento e addominali. Sì, con i ‘Plank’, esercizi in isometria dei quali forse fino a una settimana fa ne ignorava l’esistenza o comunque ‘non aveva tempo per quelli’. Ma ora gliel’ha detto il coach, la tabella d’allenamento è tutta da svolgere in casa e come sempre bisogna ubbidire. Così il runner ‘primavera-estate 2020’ è un atleta senza fiato ma con l’addome d’acciaio, che accusa chiunque osi mettere le scarpette ai piedi per pestare l’asfalto in solitaria, magari alle 5 del mattino proprio per non disturbare o creare massa in giro.
Ma quanto può resistere un runner così in gabbia? Qualche giorno? Qualche settimana?
E la domanda successiva è: “E’ passione vera oppure semplice fissazione quella di uscire a correre per forza?”.
C’è chi dice si può rinunciare e lo fa senza troppi problemi, ecco allora questo forse è il classico podista che corre solo per fare una gara, per fare il figo su facebook, per vedere gli amici al mercoledì sera quando si fa il gruppone a correre. Chi non rinuncia a correre e tira dritto forse invece è colui che ama davvero questo sport, che ce l’ha nell’anima e gli manca il fiato il sol pensiero di non poter fare sport. Forse non c’è nemmeno un confine tra queste cose, passione e fissazione sono un tutt’uno, imprescindibili l’uno dall’altro. Con il cuore che comanda le gambe e la testa che è indecisa tra razionalità e sentimento, tra ragione e voglia di mordere l’asfalto.
Ma intanto è domenica. E saltano le gare. Niente maratone, niente mezze, niente trail. Nulla di nulla. Le strade senza traffico e senza inquinamento. Il silenzio. Il vuoto nell’anima. Ma una tartaruga sulla pancia che vedrai quest’anno al mare…