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Dutee Chand Ph. IndiaToday |
Nel 2009 a Berlino e 2012 a Londra fu la sudafricana Caster Semenya a sollevare la questione dell’identità tra genere sessuale e “atletico”, provocando polemiche e battute di cattivo gusto, venendo sospesa dalle gare e poi riammessa solo dopo aver subito l’umiliazione del “test del sesso” e la richiesta di sottoporsi ad allenamenti che ne facessero abbassare il livello muscolare e di testosterone. Lo stesso controverso test ha causato l’esclusione di Dutee Chand, spinter indiana diciottenne, dai giochi del Commowealth e agli Asian Games. La Chand ha un valore di testosterone più alto della media dovuto all’ iperandrogenismo, una condizione del tutto naturale e con cui è nata.
Potrebbe rientrare nelle competizioni solo se si sottoponesse a un trattamento medico per ridurre i suoi livelli di ormone maschile, ma l’atleta ha fatto ricorso poiché lo considera ingiusto: “Assolutamente no” ha dichiarato, “sento che è sbagliato modificare il proprio corpo per poter fare sport. È un po’ come la legge vigente in alcuni Paesi, dove al ladro viene tagliata la mano, basta con queste norme primitive e immorali!”.
Questo caso riapre la questione sulla legittimità del gender test, che mette pubblicamente in dubbio l’identità dell’ individuo e di quanto questi valori ormonali possano essere considerati un vantaggio più discriminante e sanzionabile rispetto ad esempio a una fortunata predisposizione genetica. Essere troppo maschili per essere una donna è un’ obiezione accettabile e paragonabile al doping?